Costruire la gara perfetta

E’ da alcuni giorni che penso a costruire la gara perfetta, nell’attesa di partire per la Sierre-Zinal. Grossglockner, Tavagnasco e PizTri mi hanno dato l’occasione di riflettere sul sottile equilibrio che esiste nel saper dosare esattamente le energie in ogni momento della competizione, e in senso lato nel calibrare lo sforzo fisico durante l’allenamento, il riposo, la vita normale.

 

         

 

Ho sempre meno energie e sempre più bisogno di concentrarle dove davvero serve per correre al meglio. Crescendo, il mio carico di allenamento sta aumentando in maniera quasi impercettibile ma costante. Mi trovo spesso a fare paragoni con il passato, ma so che sono confronti che non reggono: avevo meno anni, meno km sui tendini, correvo meno gare importanti e meno allenamenti nell’arco dell’anno. E’ quasi finito il tempo degli allenamenti improvvisati, una barretta e via d’improvviso sulla dorsale del Lago di Como, oppure quando reggevo senza problemi un lungo la mattina e una partita di basket il pomeriggio. Se non altro perché di solito il pomeriggio ho il secondo allenamento 😉

E’ bello così, fa parte delle scelte di un atleta che vuole provare a impegnarsi sul serio, è la normale condizione di uno che sta crescendo.

 

 

Al Grossglockner ho terminato le energie prima del tempo, dopo aver condotto le danze insieme a Geoffrey Ndungu per 45’ davanti ad Anton Palzer. La morena glaciale del Pasterze mi ha respinto, il mio è stato un sopravvivere fino all’arrivo resistendo solamente al rientro di Andy Douglass, in crisi almeno quanto me ai 2400m del Kaiser Franz Josefs Hohe.

 

 

La settimana successiva, a Tavagnasco, ho faticato più del previsto per come si era sviluppata la gara. Dopo una prima parte impegnativa, in cui avevo staccato i diretti avversari ed ero secondo dietro a Bernard Dematteis, ho subito il rientro del Keniano Kiyaka e soprattutto di Nadir Cavagna. Avevo immaginato di poterli staccare con relativa facilità negli ultimi 3km, dove il sentiero tornava decisamente a salire, ma mi sbagliavo: ho pagato il forcing iniziale e dopo aver guadagnato alcuni secondi sugli avversari, Nadir è rientrato su di me e mi ha a sua volta staccato. E’ stato necessario scavare molto in profondità per recuperare le energie utili a riconquistare il secondo posto e a tenerlo fino all’arrivo, dopo una bellissima battaglia con il mio compagno di squadra. Penso che esista un preciso limite in cui riesco ad andare “oltre lo sforzo”, e questa cosa può capitarmi quattro, cinque volte al massimo durante l’anno. So che sono momenti rari e preziosi, e una volta sprecati non tornano indietro. Alcune volte durano una manciata di minuti, altre per mezz’ora, e allora si ha la fortuna di compiere una prestazione (per se stessi) straordinaria, nel senso che si è in grado di correre più forte di quanto ci aspetti. Penso ad Arco 2017 o a Kamnik, sempre l’anno scorso. Di queste cose ci si rende conto a posteriori.

 

 

Malonno, PizTri, è stata una gara di resistenza alla gravità, un esercizio di estensione dello sforzo per la durata necessaria a coprire 1000m di dislivello. Ho dovuto gestire tatticamente la partenza veloce dei Keniani Ndungu e Kirui e l’attacco poco prima di metà gara di Hannes Perkmann, prendendo l’iniziativa dopo 20’ in cui, sebbene tutti ugualmente stanchi, mi sono semplicemente ripetuto mentalmente di resistere ancora cinque secondi, ancora cinque secondi oltre quello che immaginavo di poter fare.

Tutti possono resistere ancora cinque secondi. E ad un tratto è arrivato il traguardo.

 

 

Mancano tre giorni alla Sierre-Zinal 2018, la gara che ho scelto di preparare dall’inizio di questa stagione di mountain running. Forse ci arrivo un po’ stanco, lo saprò dire domenica ascoltando le mie sensazioni in gara. E’ stata una preparazione molto intensa e interessante, che si è sviluppata soprattutto dopo l’infortunio al ginocchio sinistro di inizio giugno. Quest’ultimo mi ha tenuto occupato per quattro settimane buone, fino ai campionati europei di Skopje in cui, sebbene non fossi al meglio, ho dato il massimo per aiutare la squadra. Non che ce ne sia stato bisogno! Il dream team è ancora lì da ammirare. Ho svolto molti lavori alternativi alla corsa e atteso con pazienza per riprendere gli allenamenti a pieno regime a luglio.

 

Ho condiviso ogni momento della preparazione con Gloria Giudici, che sarà al via di questa 45esima Course des cinq 4000 un giorno prima del suo 31esimo compleanno, e con Tito Tiberti, sempre consapevole dei suoi disegni mentali, del mio stato d’animo e della mia fatica, pur non essendo sempre presente.

 

In questi 40 giorni circa ho corso 5 allenamenti lunghi, (>25km), di cui tre off-road collinari (26-27-29km), uno in montagna (37km, 2200 D+), uno su strada (26,7km). Sono stato quattro volte in pista, ho corso 4 gare, ho svolto 5 allenamenti in bici, 4 in palestra e uno in piscina. Non sono numeri impressionanti ma penso di essermi impegnato per essere fisicamente pronto e psicologicamente abbastanza solido una volta lì sui sentieri, a cercare di resistere a Robbie, a Kilian e agli altri.

 

 

Niouc, Ponchette, Chandolin, Tignousa, Weisshorn, Barneuza e Zinal.

Alpeggi che tramandano la storia del nostro sport, che risuonano delle urla dei touristes, che echeggiano i folli passaggi record di Jonathan Wyatt e Anna Pichrtova, le mitiche vittorie di Ricardo Mejia, Jairo Correa, Pablo Vigil.

Dove può cadere la neve in agosto, oppure dove il sole pare sublimare il ghiaccio del Zinalrothorn.

Dove ho già corso nel 2016 ed è stato bello spostare il limite un po’ più in là.

Dove forse può accadere la gara perfetta.

 

 

See you in Zinal

 

Photo credits: Damiano Benedetto, Marco Gulberti, Mythosglockner.

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